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  • Tarcisio Lancioni

Ciao Jorge, a San Borondon

Da Palma, nelle Canarie, certe mattine prima dell’alba, guardando verso occidente, è possibile scorgere San Borondon, San Brandano, l’isola-pesce sempre in movimento che le carte medievali non tralasciavano di riportare, collocandola fra l’Irlanda e la costa africana. Almeno, questo è quanto raccontava la nonna a Jorge bambino, inducendolo a veglie di attesa e di ricerca, e che Jorge, non più bambino, tornava volentieri a raccontare.

Una ricerca che, ben oltre i risvegli antelucani infantili, ha accompagnato Jorge per tutta la vita, anche se San Borondon, fedele alla sua natura, continuava a muoversi e a trasformarsi, senza perdere il proprio potere di fascinazione, riconfigurandosi in tanti oggetti diversi: le forme del discorso storico, il senso della moda e del costume, le arti figurative e gli stili, il costume, le dinamiche della persuasione e della seduzione, il segreto e la trasparenza, la menzogna, le strategie di costruzione del destinatario, per tornare quindi alle isole e all’immaginario insulare. Temi che Jorge affrontava intrecciando la prospettiva semiotica, soprattutto l’amato Lotman, con quelle sociologiche (Baudrillard, Maffesoli, Abruzzese), filosofiche (Simmel, Virilio), storiografiche (Koselleck).


Mentre provo a scrivere queste righe, di cui mi scuso per il carattere sconnesso, mi è difficile credere cha Jorge, anche Jorge, se ne sia andato, benché l’evento fosse già stato annunciato, come ineluttabile, da qualche giorno, con la tristezza, la mestizia, il senso di solitudine entro cui questa pandemia sembra relegarci tutti, impedendoci anche di accorrere vicino a chi vorremmo stringere per un ultimo abbraccio

Mi è difficile credere che non ci sarà una sua telefonata, per riferire aneddoti e bisticci con gli amici-collaboratori del GESC, i più cari: Marcello, Rayco, Oscar, Pablo, Miguel, o per tornare a parlare e a raccontare di Omar, di Paolo, di Umberto … di Maria, le perdite che avevano segnato in modo doloroso gli ultimi anni. O, ancora, per ricordarmi impegni e progetti che nonostante tutto, nonostante Covid, Jorge continuava ad imbastire: un seminario a Madrid, una scuola estiva a Sant’Ander, un nuovo numero monografico della Revista de Occidente, la presentazione a Siena del numero di Versus che aveva appena finito di curare, un incontro di studio a Palazzo Fortuny, un convegno a Tenerife o a Palma …

Mi è difficile credere che non ci sarà un’altra occasione di incontro, in Spagna o in Italia, che non ci sarà la sua figura a presiedere un’assemblea dell’Associazione Iberica di Semiotica, che Jorge guidava con Maria Augusta Babo, che non interverrà ancora per alleggerire, con un’osservazione arguta, una lunga seduta congressuale, che non potremo ancora condividere un bacalao o un brandy.

Jorge ha frequentato con assiduità l’Italia: dagli anni studenteschi bolognesi a quelli da docente veneziani, attraverso una lunga permanenza a Roma, dove è stato Direttore dell’Accademia di Spagna dal 1991 al 1996, e poi Urbino, Siena dove è stato spesso ospite e animatore. E di queste frequentazioni ha riportato tanto in Spagna, con un lavoro intenso di promozione della “semiotica italiana” attraverso l’organizzazione di convegni, traduzioni, presentazioni di pubblicazioni, incontri con la stampa, inviti accademici, sempre con immensa, cavalleresca, cortesia e grandissima generosità. Una generosità che è finita per beneficiare anche me, a partire da un incontro quasi casuale, che benché non fosse su di un’isola era a proposito di isole, mediato da Umberto e da Omar: la preparazione di un numero monografico della Revista de Occidente dedicato appunto alle isole, e che sarebbe stato il punto di riferimento per il meraviglioso convegno “insularista” organizzato da Franciscu Sedda a Carloforte pochi anni dopo. Da allora, la frequentazione, in precedenza solo occasionale, ha iniziato a farsi più assidua e a tradursi in progetti di collaborazione che pian piano hanno incluso tutto il GESC, da un lato, e il gruppo di giovani ricercatori cresciuti intorno al lavoro di Omar nel Dottorato senese sulle forme della rappresentazione. Poi, con la morte di Omar, che Jorge ha onorato organizzando una giornata di studio all’Accademia di Spagna, la prossimità si è ulteriormente rafforzata, come se Jorge volesse alleviare, con la sua presenza, il peso enorme di quell’assenza. Anche per questo, per questa sua generosità, la sua scomparsa appare incredibile, e terribile. È la scomparsa di chi sapeva, prima di tutto, essere amico.

Ciao Jorge, ci rivedremo a San Borondon.


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